Gita a Camogli

Ottobre 2014

Giovedì due Ottobre, stiamo viaggiando verso Camogli, sono le 10 e il tempo è bello.

Due settimane prima, pensando di uscire dalle colline che circondano Voltaggio e che escludono buona parte dell’orizzonte, si era deciso di passare una giornata al mare per incontrare confini meno immediati, più vasti, orizzonti le cui evidenti estensioni, avrebbero potuto farci comprendere i nostri limiti.

Probabilmente, anche chi di noi è tendenzialmente propenso a ricercare nella monotonia della rassicurante quotidianità le chiavi del suo futuro, di questa quotidianità era saturo e la semplice idea di trasgredirla era stata motivo di adesione alla gita.

E così, In una giornata piena di sole, siamo andati incontro a Camogli, abbiamo goduto del suo mare fortunatamente pigro e delle sue stradine strette e, grazie alla stagione, anche silenziose. 

Nella piazzetta affacciata al piccolo porto, prima di pranzare con la “Focaccia di Recco”, ci siamo concessi un aperitivo come eccitante sconfinamento alle consuetudini.

Al termine, mentre passeggiavamo sotto i bassi portici del porto, con l’audacia che necessita a chi nasconde ogni difficoltà pur di non mostrarsi, abbiamo deciso di superare un limite che molti non avevano mai oltrepassato: salire su un battello e dividere l’azzurro di quel mare.

In realtà l’imbarcazione si allontana dalla costa per poche centinaia di metri, ma che importa? In fondo era un cambiamento radicale delle abitudini, una piccola scoperta, bastava girare lo sguardo verso il mare aperto per sentirci lontani da tutto, forse anche dai problemi, ma rassicurati dal sapere di non essere mai soli, tutti li, assieme, a godere di ciò che stavamo vivendo.

Con il battello arriviamo a San Fruttuoso che, arrivando con il sole alle spalle, ci appare di una irritante bellezza. Purtroppo il tempo a disposizione non è molto e poco dopo dobbiamo ritornare. Nell’allontanarci da quell’angolo suggestivo, mi trovo a sperare che tutti sappiano memorizzare anche i dettagli di tanto fascino.  

Al mattino, subdolamente, Camogli, ci aveva accolti come una grande mamma che abbraccia i suoi figli e noi, in quell’abbraccio, eravamo “discesi”. Quello che non potevamo sapere, era che l’abbandono dall’abbraccio sarebbe stato in “salita”, una salita che sembrava non terminasse mai. Fortunatamente, alla fine, questa mamma si faceva perdonare regalandoci uno spettacolo che difficilmente dimenticheremo: i colori dei suoi palazzi, la chiesa che sembrava costruita sul mare, il mare che pareva una distesa di smeraldi puri che lentamente si fondeva col cielo - con la presuntuosa certezza di diventare cielo - e noi li, incantati, nel tentativo di segnare quel momento nei nostri occhi e con la speranza di saper fare riapparire quelle immagini nel momento in cui la vita si sarebbe riproposta con i sui affanni.

Il primo a esondare è Daniele con una di quelle espressioni che evidenziano tutto il limite di una verità probabilmente falsa, ma che giganteggia per la disarmante spontaneità: “E’ stato il giorno più bello degli ultimi vent’anni della mia vita”. Linda, amabilmente dissacrante, interviene: “Sei esagerato!” ma continua: “Oggi sono stata bene e sono contenta, era tanto tempo che non andavo al mare, solo il prezzo del caffè era eccessivo” (aveva ragione).

A quel punto, mentre tutti stiamo riprendendo fiato dalla fatica della salita, Pier, che al mattino, inciampando in una catena che delimitava la strada dal marciapiede era caduto diceva: “E’ vero, sono caduto, ma sono egualmente contento di questa giornata al mare”. Michele, più telegrafico confermava: “Giornata soleggiata, calda, piacevole. Si possono fare belle passeggiate”. Grande Michele!

Fabrizio guardando i compagni si liberava in un volo emotivamente temerario affermando che benché fosse contento per la gita a Camogli, lo era maggiormente per aver sentito che Daniele è felice. Nel frattempo Bruno, sempre un po’ schivo, ascoltava senza unirsi al coro, ma sollecitato raccontava che era la prima volta che saliva su un battello per fare una gita in mare e che pensava che una occasione così non avrebbe potuto perderla.

Rimaneva Marilù, sorniona come il suo gatto. Lei ama farsi pregare, ma quando il tempo che ci ha fatto attendere le è parso sufficiente, come una principessa, passandosi la mano tra i capelli, ci assicura: “Io cammino poco e la salita è stata faticosa, ma la gita mi è molto piaciuta per il mare, le scogliere, il battello.” Sospiriamo!

Tutti hanno scoperto qualcosa in più della loro vita e anche qualcosa in più della loro capacità di poterla vivere.

Si ritorna lasciando qualche cosa di noi in quel luogo, solo Fabrizio ha lasciato anche qualcosa di concreto: mezzo chilo di focaccia di Recco.

Mario